mercoledì 24 marzo 2010

Il ritratto di Dorian Gray

L'aspirazione alla bellezza traduce il bisogno di sfuggire alla corruzione che il tempo comporta, agli incerti della contingenza, alla sofferenza derivante dalla sottrazione di ciò che si possiede. Dorian tenta di negarsi alla umana condizione, di superare i limiti imposti dalla natura ma il suo tentativo è  destinato al fallimento perchè la dimensione atemporale e amorale in cui si rinchiude è disumana e, dunque, intollerabile, insopportabile.

lunedì 15 marzo 2010

Il Visconte dimezzato di Italo Calvino



                      

Medardo, nella parte iniziale del romanzo,viene rappresentato ancora “intero”; è nel  momento della giovinezza, l’età in cui ci si lascia sorprendere dalla varietà e dalla forza della vita e non si prende ancora posizione (“... Sentiva il sangue di quella guerra crudele, sparso per mille rivoli sulla terra, giungere fino a lui; e se ne lasciava lambire, senza provare accanimento, nè pietà...).
Dopo aver provato il dimidiamento, Medardo, alla fine del racconto, ritorna ad essere uomo intero, reimpossessandosi dell’umanità perduta che, adesso, carica dell’esperienza del dimezzamento, è più ricca, più piena. Medardo torna ad essere uomo intero e, dunque, miscuglio di cattiveria e bontà. E’ questo il dato caratteristico dell’essere uomini. Grazie alla conoscenza e all’esperienza di questi due aspetti, fatte durante il periodo del dimezzamento, Medardo diviene “uomo giusto” e può riuscirgli finalmente possibile integrarsi con i suoi simili.
Le due parti distinte di Medardo, quella buona e quella cattiva, sono disumane perchè estreme, eccessive nelle loro manifestazioni e non in grado di riconoscere ciò che è diverso da loro. Chi è dimidiato, infatti, riduce tutto a sè o elimina indiscriminatamente ciò che è diverso da sè ( Medardo”cattivo” taglia a metà tutto ciò che vede, o appicca incendi per distruggere ).  Anche la parte “buona” di Medardo fa danni, in quanto limitata dal suo concetto assoluto di bontà che pensa debba investire tutti. Non concependo la cattiveria, non può neanche riconoscerla e prevederne le conseguenze ( mette nei guai i paesani; toglie ai lebbrosi l’unico motivo di allegria ).
Chi è dimezzato non ha dubbi, ma non ha neanche la libertà di lasciarsi andare, di
sciogliersi, annullarsi in un sentimento ( Medardo decide di innamorarsi )
Chi è dimezzato non può essere realmente generoso, in quanto la solidarietà ha il suo fondamento nella comprensione. Chi è dimezzato è eccessivo nelle sue pretese ( richieste impossibili del “Buono” a Mastropietrochiodo )
 Il tema del dimidiamento, e, dunque, della riduzione della complessità, è affrontato attraverso altri personaggi del racconto.
Mastropietrochiodo è l’incarnazione dell’uomo che, pago soltanto di svolgere bene il proprio mestiere, opera senza risolvere il problema del significato, della reale funzione e destinazione del proprio lavoro.
Il dottor Trelawney è l’immagine dello scienziato “ puro” a cui manca l’integrazione con gli altri esseri. Il suo agire si rivela sterile, inutile.
Interessanti anche i due gruppi contrapposti dei lebbrosi e degli Ugonotti.
I lebbrosi, nelle intenzioni dell’autore, rappresentano il disimpegno, la felice decadenza, l’edonismo, l’irresponsabilità. Gli Ugonotti rappresentano, invece, “ il moralismo di un’etica religiosa senza religione”. Essi appaiono gretti,; hanno una visione utilitaristica della vita. Il materialismo è avvertibile anche nel modo in cui gli Ugonotti definiscono il Gramo : “monco”, “sfiancato”, “orbo”, “mezzo sordo”. Mostrano, infatti, di cogliere la funzione “ difettosa” del Gramo, ciò che al Gramo “manca”. Il “prodotto” di questo utilitarismo estremo è Esaù, un ragazzo assolutamente privo di scrupoli.
Pamela e Sebastiana sono donne concrete, forse, le uniche figure realmente positive del racconto.
Sebastiana, in particolare, è la classica figura materna che sa rimproverare e perdonare perchè conosce profondamente chi ha allevato.

Le utopie negative : "Noi "di Zamjatin



In un periodo di tempo imprecisato, successivo ad una epocale guerra che avrebbe determinato la caduta di un vecchio sistema culturale e la fondazione di un inedito modello societario, uno scienziato, di nome D 503, avverte la necessità di scrivere ciò che, giorno per giorno, gli succede. Così, attraverso le pagine del diario, il “nuovo mondo” prende forma dinanzi agli occhi del lettore e lascia intravedere la logica che lo sorregge.
Uniformità ed indifferenziazione sembrano essere i tratti caratteristici della società di D 503. Non il singolo ma la collettività è al centro di tutto; l’individuo non percepisce la propria unicità, tanto da ricorrere, nel definirsi, alla prima persona plurale, al “noi”, piuttosto che alla prima singolare, ed ad accettare di essere chiamato, piuttosto che con un nome, con un numero. E sono proprio i numeri a scandire la giornata di questi esseri, a ritmarne le attività ad  intervalli fissi, predeterminati, sempre uguali. Una logica di tipo matematico regola il sistema che, fondato sulla pura, assoluta razionalità, ha ingranaggi che non ammettono di essere interrotti nel loro moto meccanico ed uniforme.
Lo spazio su cui insiste questo particolare modello societario è delimitato, lungo il suo perimetro, da un muro di vetro verde, al di là del quale si estende il vecchio mondo, uguale al nostro. Il vetro isola gli uomini- numero anche dal cielo, dal sole, dagli agenti atmosferici, da tutto ciò che è cangiante, variabile. L’instabilità, infatti, è avvertita come minaccia dal sistema che non ammette la mutevolezza, l’imprevisto. Anche le abitazioni sono di vetro perché tutti vedano tutti  e non ci sia per nessuno la possibilità di appartarsi e sfuggire al controllo sociale.
Al vertice del sistema vi è un capo, il Benefattore, eletto, anno dopo anno, per acclamazione.                          I membri di questa singolare società gli sono completamente soggetti ma non sembrano avvertire il peso di tale sudditanza, privi come sono di preoccupazioni e problemi, in quanto sollevati dall’onere di scegliere, di decidere autonomamente.
L’esistenza tranquilla, sempre uguale di D 503 inizia ad essere scossa dalla comparsa di una donna, I 330.
D 503 trova inquietante questa figura femminile ed inizia a temerla. I 330 cerca di stringere rapporti con D 503 e lo invita ad andare con lei in una casa antica, una delle abitazioni del vecchio mondo, custodita in una campana di vetro, come, in una teca, un pezzo da museo.   I 330 è diversa dalle altre donne, ama infrangere le regole e D 503 è attratto e nello stesso tempo intimorito dal suo modo di essere. D 503 finirà per innamorarsi della donna e per inoltrarsi in un pericoloso percorso interiore che lo porterà a mettere in discussione il sistema su cui poggia la nuova società.  I 330, d’altronde, è una ribelle, ama la libertà, lotta per l’affermazione dell’individualità e per questo, dopo aver cercato di utilizzare D 503 e l’ “ integrale “ da lui progettato per  rompere il muro di vetro e portare il disordine, la libertà del vecchio mondo nel nuovo, verrà scoperta e uccisa, mentre D 503 sopravvivrà, privato però per sempre della sua fantasia, attraverso un intervento chirurgico cui volontariamente si sottopone, pur di riacquistare la serenità  e la sicurezza  perdute.

sabato 13 marzo 2010

Il barone rampante di Italo Calvino

                                                                                                                                                                                                                        Per avere rapporti genuini, costruttivi con gli altri è necessario diventare individui . Si diviene individui, approfondendo la conoscenza di sè e mantenendosi fedeli alle proprie regole interne, al proprio codice personale di valori, al proprio stile. Bisogna lasciare che la propria singolarità emerga, anche a costo di apparire degli eccentrici. E’ questa la via per sfuggire al conformismo dilagante, alla massificazione, alla accettazione di modelli di comportamento predefiniti.


I personaggi  :

- Cosimo

Appare subito evidente che in Cosimo c’è la volontà ostinata di tener fede ad un proprio codice interiore. E’ proprio per questa ragione che Cosimo sale sugli alberi e abbandona l’abituale, normale stile di vita in cui non si riconosce e che lo costringe ad essere diverso da quello che è e a fare cose che non vuol fare. La separazione dagli altri gli consente di approfondire la conoscenza di sè e delle proprie possibilità di riuscita e di definire un modo di essere originale, dettato da un’intima, individuale necessità. Cosimo vuole andare da solo incontro alla vita, conoscere e  provare le proprie capacità, sfidare e vincere le proprie paure. La condizione di isolamento gli garantisce una libertà d’azione ma anche un’autonomia di pensiero che altrimenti non avrebbe. Vivendo in una sorta di  non- luogo, Cosimo non essendo legato, costretto dalle convenzioni dello spazio “normale”, sociale,  può avere una maggiore disponibilità a conoscere ed ad accostarsi senza pregiudizi alle realtà più diverse. “ Stando in alto” può accorgersi di cose che, chiuso in una dimensione ristretta, non avrebbe mai potuto notare  ( “... Se innalzi un muro, pensa a ciò che resta fuori...” ).
L’orizzonte di Cosimo si allarga ulteriormente grazie alla lettura, per cui egli nutre un’autentica passione che si spiega con la sete di conoscenza, tipica del nostro personaggio.  Cosimo, dunque, cerca il rapporto con gli altri e con la realtà che lo circonda, direttamente ( i contatti con i contadini, la gente del paese ) o indirettamente ( attraverso i libri ), ma mai rinunciando alla propria autonomia. E’ un solitario che non evita gli altri ma che cerca, anzi, di dare il proprio contributo originale alla comunità sociale. L’apertura mentale consente a Cosimo di essere sinceramente democratico e di esprimere idee e concetti davvero nuovi per l’epoca in cui vive ( “ ...So che quando ho più idee degli altri , do agli altri queste idee, se le accettano, e questo è comandare.... ).
Citando le  parole di Biagio, Cosimo riesce a fare tutto questo perchè “... Solo essendo spietatamente se stesso come fu fino alla morte, poteva dare qualcosa agli uomini...” . Cosimo, dunque, diviene amico sincero degli uomini e della natura perchè ha imparato a conoscere a fondo e a rispettare prima di tutto  se stesso.                                                                                         Biagio, pensando con rammarico alla morte dell’originale fratello, considera quanto sia lontana la mentalità di Cosimo da quella degli altri uomini, uomini di un tempo in cui “... la gente non è più amica di nulla...”


- L’avvocato Carrega 
                                                                                                                                                                                                                      Timido, irresoluto, non si oppone mai alla volontà altrui, per questo cerca degli spazi propri, delle attività da coltivare in segreto. Il suo isolamento è, però, assolutamente sterile, improduttivo.


- L’abate Fauchelafleur

E’ remissivo ed accomodante perchè, in fondo, non gli importa niente dei suoi simili, per i quali, sovente, prova fastidio. Ritiene probabilmente inutile agire, impegnarsi in qualcosa perchè pensa che tutto sia vano.
E’ un solitario con una maniera sbagliata d’esserlo.

Battista

Stravagante nel comportamento, ha, però, una immotivata  tendenza distruttiva che rende  sterile ed inutile la sua ricerca di distinzione ed originalità.

Viola

Inquieta, sfuggente, Viola non si lascia mai raggiungere e per questo, probabilmente, rappresenta il desiderio infinito perchè mai soddisfatto, il sogno, l’ ideale

lunedì 8 marzo 2010

Il cavaliere inesistente di Italo Calvino



 L’identità personale è un punto di arrivo, una conquista; è, infatti, il frutto del  confronto continuo  tra la realtà esterna e la personale dimensione interiore (  “... Ad essere si impara.... “ ).



I personaggi


Agilulfo  
                                                                                                                                                                                                             Rappresenta l’uomo che, tutto chiuso in un’idea assoluta di sè e del mondo, si sottrae, di fatto, al rapporto, al contatto diretto con la realtà, precludendosene la conoscenza . La realtà , infatti, complessa e contraddittoria com’è, non potrebbe che mettere in crisi le concezioni astratte e, dunque,  l’ ideale dimensione esistenziale di questo tipo di individuo. Agilulfo è ritratto come una entità immateriale, priva di sostanza, ma dalla forma perfetta. E’ una lucida  e levigata armatura mossa da un’astratta volontà che agisce sulla scorta di un ruolo che pensa di avere, quello di fedele cavaliere dell’esercito di Carlo magno.. Agilulfo non c’è ma vuole esserci e, ligio alle regole connesse alla sua condizione di paladino, tiene sempre desta la coscienza del proprio ruolo, avvertendo che, solo osservando minuziosamente certi cerimoniali, può garantire continuità alla propria  esistenza E’ per questo che, nel momento in cui scopre di non essere ciò che presumeva, si dissolve, svanisce, così come l’idea che sorreggeva la sua volontà.                                                                                                                                    Durante il racconto, Calvino mette più volte in rilievo lo sterile agire di Agilulfo.Tutto ciò che l’impeccabile e fredda armatura fa, si riduce ad astratta forma, vuota di contenuto, priva di concretezza. Emblematica è, in tal senso, la rappresentazione del pranzo dei cavalieri. Agilulfo vi partecipa e, pur non potendo nutrirsi, svolge tutte le operazioni connesse al momento conviviale, con una attenzione e una cura maniacali. Considerando la materia qualcosa di vile, essendo egli stesso pura forma, Agilulfo non può prendere contatto con la concretezza della dimensione esterna a cui oppone le sue illusorie certezze e i suoi perfetti ,quanto inutili, rituali. Nel mancato riconoscimento della realtà delle cose, della loro concretezza è il limite di Agilulfo ed insieme la ragione della sua disumana solitudine.

Gurdulù

Costruito come l’esatto contrario di Agilulfo, Gurdulù rappresenta l’uomo che, non avendo coscienza della propria umanità, non sa darsi una forma, ricercare un individuale  modo d’essere ed è, dunque, condannato a vivere in una dimensione esterna alla propria ed ad identificarsi continuamente con essa.

Rambaldo

E’ un giovane che tenta disperatamente di capire se stesso e gli altri facendo esperienza del mondo. Rambaldo è pronto ad apprendere, a mettersi alla prova ed a confrontarsi con la realtà esterna. Capisce che la verifica dell’essere è nel fare, nell’agire. Ciò gli consente di prendere coscienza della problematicità  dell’essere uomini (  “... Scopriva che tutto era diverso da come sembrava...” ) ( “...e se il mondo fosse un’immensa minestra senza forma? ...).
Rambaldo è l’uomo che cerca le prove d’esserci, sfidandosi, accettando di mettersi in discussione. E’ un uomo in lotta. Non a caso si innamora di Bradamante che incarna l’amore come guerra, contrasto.

Torrismondo

E’ una persona inquieta ed estremamente critica nei confronti dell’umana ipocrisia. Forte del proprio disperato desiderio di verità, è pronta a mettere in discussione le poche certezze che ha.
                       

noname