mercoledì 31 agosto 2011

No(u)vel(le ) cuisine - british pie -







" Auff! lasciate perdere i pasticci inglesi, " disse Luckie Lightbody, " e provate i nostri pasticci, signor Caleb, ce n'è uno nero e uno bianco, scegliete quello che preferite. "

"Saranno buoni certamente, anzi eccellenti, non potrebbero essere meglio; ma io ho mangiato così da poco che mi basta il solo odore ... "

Walter Scott, La sposa di Lammermoor





     Dubbio:                                             
Che Caleb abbia,  per ventura , assaggiato il british pie di Mrs Lovett?








Pasticcio Inglese


13 fettine fini di lonza di maiale
1 etto abbondante di crudo
burro q.b.
1 patata media
1 cipolla rossa
sale e pepe q.b.
brodo di carne q.b.
pasta sfoglia
1 uovo

Preparazione


Accendete il forno a 200° foderate una teglia , dopo averla imburrata, con le fette di prosciutto crudo.
Tagliate il maiale e le patate a fettine molto sottili, grattugiate le cipolle.
A strati alterni disponete il maiale, le patate, la cipolla, sale e pepe.
Bagnate con un po' di brodo e  coprite con la pasta sfoglia sigillando i bordi
Sbattete l’uovo e con un pennellino passatelo sulla pasta.
Nel mezzo della torta infilate il tubo per l’aria, il camino (se non avete il tubo fate una croce sulla pasta sfoglia e apritela così il pasticcio respirerà), e cuocete, abbassando il forno a 170° per 2 h.


da mangiare caldissimo!

da Myricette.it
nota mia:
non ho provato a farlo...












sabato 27 agosto 2011

Fiumi

Poi guardai verso la riva. Pareva scivolare via molto in fretta.
 (...)
Quando la corrente è veloce non si riesce a calcolare il tempo che passa. Pare chissà quanto e magari è pochissimo. L'acqua era gelida e profonda sotto i rottami strappati dalla piena. Era una fortuna avere un così buon sostegno, mi lasciavo trascinare dall'acqua ghiaccia, il mento appoggiato alla trave, aggrappato come meglio potevo con le due mani. (...)
Vedevo accostarsi, allontanarsi e riaccostarsi la sponda, non si correva più tanto; si avvicinò di nuovo, riuscivo a distinguere i rami dei salici. La trave girò lenta sull'acqua e mi trovai con le spalle verso la riva, capii che ero entrato in un gorgo.


E. Hemingway, Addio alle armi








Non c'era che il fiume freddo, ora, e Montag che vi galleggiava improvvisamente in pace, lontano dalla città, dalle luci, dalla caccia all'uomo, lontano da tutto.
Gli sembrava di essersi lasciato alle spalle un palcoscenico gremito di attori.                    (...)
La nera sponda del fiume scivolava via a misura che il fiume lo trasportava per la campagna, tra le alture. Per la prima volta da una dozzina d'anni a quella parte,  le stelle spuntarono sopra il suo capo, in grandi processioni di fuoco ruotante. Vedeva un'imensa forza distruttrice di stelle formarsi nel cielo e minacciar di piombargli sopra e stritolarlo.
Galleggiava supino, facendo il morto (...).
Il fiume era straordinariamente reale (...).
Sentì il cuore rallentare i suoi battiti. I suoi pensieri cessarono di essere affannosi col ritmo del sangue.
(...)
Il sole ardeva ogni giorno. Bruciava il Tempo. Il mondo correva frenetico in un circolo e girava sul suo asse e il tempo era occupatissimo a consumare, bruciandoli, gli anni e la gente, ad ogni modo, senza aver bisogno del suo aiuto. Cosicché, se lui bruciava le cose con i militi del fuoco e il sole bruciava il Tempo, ciò voleva dire che tutto ardeva!
Uno di loro doveva cessare di ardere. E non sarebbe stato il sole. (...) doveva pur esserci qualcuno che accumulasse e mettesse da parte, in un modo o nell'altro, in libri, registri, nella memoria degli uomini, in qualunque altro modo, purchè sicuro o al riparo da tarme, pesciolini d'argento, ruggini e tarli e uomini armati di fiammiferi.


Ray Bradbury, Fahrenheit 451 ed. Oscar Mondadori









Dovevo essermi appisolato. Mi alzai. Non avevo più il coltello. Lo cercai nell'erba, poi guardai nello zaino.
Con un sospiro di sollievo lo trovai e lo infilai nella cintura, poi andai verso l'acqua. La luna era bassa, appena sopra il ciglio delle colline che sorgevano dall'altra parte del Soligo. La riva era sgombra. Sedetti e attesi di vedere con chiarezza l'altra sponda. Non conoscevo la profondità dell'acqua in quel punto, ma la corrente era lenta e scorsi un tronco di traverso, a metà del fiume.
Non fu difficile passare, tranne per gli ultimi metri, in cui l'acqua gelida, all'improvviso, mi arrivò quasi al petto. Quando fui all'asciutto mi accorsi di avere freddo.


Andrea Molesini, Non tutti i bastardi sono di Vienna  ed. Sellerio




Le parole in rosa sono links


Le foto sono tratte da All posters







mercoledì 24 agosto 2011

Ponti




Qui info su " Le notti bianche" di Luchino Visconti





Qui  info su " L'infanzia di Ivan" di A. Tarkovskij



Se vuoi, puoi  arricchire la voce del mio cinedizionario. :-)
p.s.
solo ponti in B/N


                                                   
Il ponte di Waterloo  ( Grazia )

Manhattan  ( Duck )

It's a wonderful life  ( Amanda )

Totò, Peppino e i fuorilegge ,  Die bruke  ( Pina )


La ragazza sul ponte  ,  Angel-A  ( Pina ) 

Alice nelle città   ( Aitan )

Howrah bridge - Video -  ( Cristina )

De Brug   ( Sandra )

martedì 23 agosto 2011

di zoo nario letterario : totani




Era una bellissima serata da totani, allo scoglio rondo, sotto Mamante. Il mare era olio e neppure un filo di brezza tirava da terra. Baciui non voleva farsi scappare l'occasione e lo disse alla Luciana di non aspettarlo, che se ne andava a Begliamino a tirare giù il gozzo.

(...)

La notte poteva diventare indimenticabile.
E in qualche modo lo fu. I totani erano tanti e si lasciavano prendere come non avessero più voglia di stare in mare. Sembravano ubriachi d'acqua, galleggiavano in superficie, non c'era bisogno d'ami, Baciui e Marti lavoravano incessantemente di salabro, e quando l'acetilene della lampada venne a mancare tirarono un sospiro di sollievo.

 (...) 

Luciana si era appoggiata al davanzale, nuda, dietro le persiane socchiuse, quell'unico spiraglio aperto proprio sullo scoglio rondo, a un centinaio di metri, dove galleggiava la Spipureta del marito. ( ...) Poteva vedere Baciui mentre tirava un totano dopo l'altro, a intervalli regolari.  E ogni volta che ne veniva su uno lei diceva a Luisò : " Uno, dai", " due, spingi", " tre, dai", " quattro, spingi".

(...) 

Luisò se andò a mezzanotte, le gambe fiacche, la vista annebbiata. Per risalire la scarpata della ferrovia dovette aiutarsi con un po' di pila, perchè non riusciva a tenersi in piedi sul sentiero.


da La curva del Latte di Nico Orengo


I luoghi del romanzo in un post di Adriano


Nico Orengo a Scrittori per un anno


Le parole sottolineate sono links



sabato 20 agosto 2011

BLOG TWINNING : STATUAE MANENT


Nela, è da te ?
                                                     
                                            
Si,  è   qui ... immobile








L'origine del gemellaggio con Nela qui


qui altri post con l'etichetta Statuae manent





venerdì 19 agosto 2011

City Lights



Non sapevo molto di lui. Non sono stato un grande fan della stagione beat, pur avendo a suo tempo letto Kerouac e Ginsberg. Ferlinghetti mi appariva come un notevole animatore culturale, più che un grande poeta. (...) Di lui avevo letto pochissimo. Tuttavia, si poteva dire che era l'ultimo esponente di una stagione comunque gloriosa e come tale mi incuriosiva. (...) A ogni modo, quando avevo annunciato la mia partenza per San Francisco, Laura Betti aveva sentenziato: "Devi fare visita a Ferlinghetti. Lawrence è un uomo stupendo e DEVI conoscerlo".





Provai ad andare direttamente alla libreria da lui fondata nel 1953 con Peter D. Martin, all'incrocio tra Columbus e Broadway. (...)                                                                                                                                                                
Al commesso con i capelli lunghi, chiesi dove potevo trovare il poeta. Senza scomporsi, lui disse di provare al piano di sopra, dove c'erano anche gli uffici della casa editrice che porta lo stesso nome della libreria e che per prima ha pubblicato il famoso Urlo di Allen Ginsberg. Ferlinghetti non c'era ma sarebbe arrivato di lì a poco, così decisi di aspettarlo. (...)
                                                                                                             Stavo leggendo le sue poesie, quando la porta si aprì e il poeta comparve. Era un vecchio signore alto e in perfetta forma, asciutto, agile. (...) Ci sedemmo in quell'ufficio che era poi l'unico della libreria e della casa editrice e cominciammo a chiacchierare. Mi raccontò delle sue origini italiane, genovesi e bergamasche. Parlò dei tempi eroici in cui in quelle stanze passavano Ginsberg, Gregory Corso, Peter Orlovsky, Gary Snider e tanti altri.                            
(...) Attraverso Ferlinghetti, ebbi l'impressione, in quei giorni, di cogliere un poco dello spirito di San Francisco. Il luogo mi apparve in una luce più rilassata, colta, a profonda misura umana.


Mario Fortunato, Quelli che ami non muoiono  ed. Bompiani





                                         
                                    ...

Ho sognato
che mi cascavano tutti i denti
ma la lingua sopravviveva
per raccontare la storia.
Perchè sono un distillatore di poesia.
sono una banca del canto.
Sono una pianola
in un casino anbbandonato
sulla riva del mare
in una fitta nebbia
e ancora suono.
                                    ...
da Autobiografia  in "Poesie " di Lawrence Ferlinghetti





Per saperne di più,  clicca sulle parole sottolineate







martedì 16 agosto 2011

song to the siren











Qui  Song to the siren di Tim Buckley 
Tim Buckley sul blog DELADELMUR 
Qui il testo originale e la traduzione (li trovi alla voce "mostra altro", appena sotto il video)


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sabato 13 agosto 2011

A proposito di François Villon

   

 ...c'era una casupola, a ridosso del muro del cimitero, ancora desta; e desta con intenzioni non proprio limpide. (...) dentro, al riparo dalle imposte serrate, Mastro François Villon , il poeta, ed alcuni ladruncoli con i quali era in combutta, trascorrevano una notte animata passandosi la bottiglia.
Un cumulo di carboni ardenti diffondeva un bagliore rossastro dal camino davanti al quale, a gambe divaricate si era piazzato Dom Nicolas, il monaco di Piccardia, con la tonaca tirata su e le nude gambe distese al calore del fuoco. La sua lunga ombra divideva in due la stanza, così che il chiarore del fuoco splendeva ai lati della sua sagoma e in una pozza d'acqua che si era formata ai suoi piedi. (...)
Sulla destra Villon e Guy Tabary erano chinati su un foglio di pergamena a meditare; Villon stava scrivendo una ballata a cui avrebbe dato il titolo di La ballata del pesce arrosto (...).
" Chi n'ha l'agio preferisce banchettare, " scriveva Villon " con pane e cacio su deschi d'argento.... Oppure... oppure... Dammi una mano, Guy. "
Tabary fece un risolino
" O con prezzemolo su piatti d'oro" buttò giù il poeta.



da " Un tetto per la notte"  - un racconto su  François Villon 1431-65- in  Le nuove mille e una notte di Robert Louis Stevenson







Caro François

(...)

più di una volta nel chiudere il libro delle tue ballate mi sono chiesto che cosa si nasconda dietro i tuoi versi: la vita inquieta e mascalzona del poeta di strada o l'astuzia premeditata del cortigiano colto che di quella vita si è appropriato per conferire una credibilità altrimenti sospetta alla propria opera poetica. Sono domande alle quali ancora oggi mi viene da rispondere con un perentorio "chi se ne frega". Che la leggenda corrisponda a verità, che la verità si sia fatta leggenda o che infine la leggenda sia diventata verità, di assolutamente vero restano i tuoi versi, non ultimi quelli invocanti solidarietà almeno dagli amici (...).
Biografie lacunose, poco più che pettegolezzi fortunosamente cuciti da brandelli di storia ti descrivono avventuriero e assassino prima che di te si perda la traccia e comunque io ti riconosco poeta della carità, per lo scandalo delle passioni sfrenate, per le risate scomposte a schermare inauditi dolori, per le inaccettabili sofferenze che sorgono dal tuo canto e toccano il cuore e la mente di chi ti legge, e ancora e soprattutto per i tuoi lasciti.
(...).
Io ti scrivo da un'altra epoca illuminata di ragione e di tecnica, dove l'uso della corda "che fa sapere al tuo collo quanto pesa il tuo culo" si è fatto più raro e lontano senza tuttavia scomparire del tutto. La stessa guerra, rinnovatasi di cento in cento anni, non è ancora finita e gli uomini amano come allora menare le armi e le mani (...).
Ancora oggi siamo capaci di forti sentimenti ma più volentieri li trasformiamo in lacrime seduti a teatro di fronte al dramma di Oreste ed Amleto (...).
Si sa tutto di tutti senza capire niente di niente perchè nessun obiettivo  è capace, come lo erano i tuoi occhi, di trasformare l'emozione nella nostra stessa carne, così che tutto scorre e si mescola e non rimane che un confuso rumore di fondo, poco più che un ronzio.


dalla prefazione di Fabrizio De André a Poesie di  François Villon ed. Feltrinelli



links




Il testo della  ballade des pendus di François Villon( dal blog di Guglielmo )


Un bel post nel blog  Tempus fugit sull'argomento

La ballata degli impiccati di Fabrizio de André







Composizioni di Debussy ispirate a poesie di  Villon




Ballade des dames du temp Jadis di Villon