sabato 26 novembre 2011

Stanze

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Ci scambiammo ancora un sorriso; poi la cinsi in un abbraccio forte ed appassionato, la baciai fuggevolmente sulle labbra e scesi le scale a tutta velocità.
Tornai dritto a casa, capii che di andare a dormire non se ne parlava nemmeno, e rimasi due ore davanti alla televisione, a guardare un film su Marco Polo. Finalmente, verso le quattro, crollai, nel bel mezzo di una replica di Ai confini della realtà




                             
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(...)



giovedì 24 novembre 2011

Bianco

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Si sdraia sul letto e pensa: addio, Mr. White. Non sei mai esistito, eh? Non c'è mai stato nessun White. E ancora: povero Black. Povero diavolo. Povero avanzo di nessuno. Poi, mentre le palpebre si appesantiscono e il sonno comincia a sopraffarlo, pensa che strano che ogni cosa abbia il suo colore. Tutto ciò che vediamo, tutto ciò che tocchiamo...a questo mondo tutto ha  il suo colore. Sforzandosi di rimanere sveglio ancora un po', incomincia a fare un elenco. 


(...)


Indugia, improvvisamente a corto di cose blu, e poi passa al bianco. Ci sono i gabbiani, dice, e le rondini di mare, le cicogne e i cacatua. Le pareti di questa stanza e le lenzuola sul mio letto. Mughetti, garofani, petali di margherite. C'è la bandiera della pace e la morte cinese. C'è il  latte materno e c'è il seme. I miei denti. C'è il bianco dei miei occhi. I pesci bianchi, i pini bianchi e le formiche bianche. C'è la casa del Presidente e la corruzione bianca, Le bugie bianche d'innocenza e il calor bianco.




Paul Auster, Fantasmi in "Trilogia di New York"



lunedì 21 novembre 2011

Città di vetro






Per la prima volta da quando aveva comprato il taccuino rosso, ciò che scrisse quel giorno non aveva niente a che fare con il caso Stillman. Viceversa si concentrò sulle cose che aveva visto mentre camminava. Non si fermò a riflettere su quello che stava facendo, né ad analizzare le possibili implicanze del suo atto inconsueto. Era ansioso di registrare alcuni fatti, e volle metterli nero su bianco prima di dimenticarli. ( ...)






Un clarinettista di età indefinibile, con in testa un cappello che gli nascondeva il volto, seduto a gambe incrociate sul marciapiede come un incantatore di serpenti. Davanti a lui c'erano due scimmiette meccaniche, una con un tamburello e l'altra con un tamburo. Mentre la prima scuoteva e la seconda batteva, scandendo un bizzarro e infallibile ritmo sincopato, l'uomo improvvisava minime, infinite variazioni sullo strumento, con il corpo rigido che oscillava avanti ed indietro mimando energicamente il ritmo delle scimmiette. Eseguiva con naturalezza e allegria dei motivi in minore animati e sinuosi, come per la gioia di essere insieme alle sue amiche caricate a molla, chiuso nell'universo che si era creato, senza mai alzare gli occhi. Continuava ininterrottamente, e alla fine la musica era sempre la stessa, ma più rimanevo ad ascoltarlo e più trovavo difficile andar via.
Trovarsi dentro quella musica, essere attirato all'interno del cerchio delle sue ripetizioni: forse un luogo in cui finalmente è possibile sparire.  ( ... )






Baudelaire: Il me semble que je serais toujours bien là où je ne suis pas.




Paul Auster, Città di vetro in TRILOGIA DI NEW YORK


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sabato 19 novembre 2011

"Dimenticare Venezia" di Franco Brusati



"Dimenticare Venezia del 1979, una bellissima storia sulla difficoltà di staccarsi dal proprio passato e sull'incapacità di diventare adulti: un'opera tanto bella e viva quanto oggi caduta nell'oblio."








( Franco Brusati ) "... era capace di citare brani interi della Recherche proustiana a memoria e in francese. Sempre a memoria l'altro scrittore amatissimo, Thomas Mann, però in traduzione italiana. (...) ...adorava una vera conversazione piena di citazioni, finezze e agudezas, innaffiata di un certo gusto per la provocazione sempre elegante, comm'il faut




(...) ... in lui nessuna tendenza alle lagne o al melodramma. Anche la sua malinconia, la nostalgia struggente e invincibile per il proprio passato, riusciva a distillare un sense of humor che gli invidierò per sempre. Era quello che lo ha fatto essere ragazzo fino all'ultimo. Non sentivo nessuna distanza di età con lui. " 


Mario Fortunato, Quelli che ami non muoiono




Il film
Il trailer






domenica 13 novembre 2011

fast landscapes

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 Paesaggi da un'auto, un treno, un bus. Cercasi video musicali :-)


Grazie a 


Amanda   qui e qui
Claudio  qui
Pina     qui
Teresa  qui
Carmen  qui
Zicin      qui
(per) Nick   qui
(per) Monica qui
Elena  qui
Pim  qui
Guglielmo  qui
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venerdì 11 novembre 2011

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da "Lo specchio" di Tarkovskij

Qui Delicate infiorescenze dei Guappecartò


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mercoledì 9 novembre 2011

un saucisson en brioche a Lione







Fondata dai Romani ( 43 a. C. ), Lione fu, alla fine del  Quattrocento, un importante centro editoriale, mentre nel Settecento divenne universalmente nota per la produzione di tessuti.





 I traboules, una rete di passaggi coperti, nel vecchio quartiere artigiano della Croix Rousse, vennero creati per consentire il trasporto della seta e dei tessuti pregiati anche in caso di pioggia e neve





Il centro di Lione coincide con una parte della Presqu'île, una penisola delimitata dal Rodano e dalla Saona. E' chiuso a sud da place Bellecour e a nord da place des Terreaux. 






Salendo per le stradine a nord della piazza, si raggiunge la Croix Rousse, mentre per visitare i resti della città romana e la basilica di Notre Dame bisogna attraversare uno dei ponti sulla Saona e raggiungere la sommità della collina di Fourvière attraverso uno dei  sentieri o una delle ripide scalinate. Chi non ama conquistare le altezze, può pagare il prezzo del biglietto e prendere la funivia.












Fuori dal centro, alla punta della Presqu'île, si trova l'Istituto Lumiere. ( clicca qui ) E' una visita che consiglio caldamente agli amanti del cinema.
I fratelli Lumière sono vissuti a Lione e sempre in questa città sono nati  Antoine de Saint-Exupery ( a lui è intitolato l'aeroporto lionese ) ed il fisico Ampère. Gente "illuminata". Forse per questo Lione, la Ville lumière,  si accende di luce l'8 dicembre. ( clicca qui  e qui)







Nella dolce Lione è nato anche il cuoco più famoso di Francia,  Paul Bocuse.








Ci sono cinque brasserie Bocuse a Lione. Quattro di queste prendono il nome dei punti cardinali. Io ho "visitato" Le Nord e Le Sud e ne sono uscita completamente soddisfatta e , naturalmente, con un libro in mano, quello delle ricette di Bocuse.




Riporto quella che ho realizzato una volta tornata a casa, ispirandomi alla ricetta originale e all'assaggio fatto nella Brasserie Le Nord:


Saucisson chaud pistachè en brioche




Ingredienti:
1 salsiccia ai pistacchi ( io ho usato due mini mortadelle )
300gr. di farina,
30gr. di zucchero
un pizzico di sale
2/3 del contenuto in bustina del lievito per preparazioni salate
4 uova 
120gr di burro a temperatura ambiente
2 rossi d'uovo per la doratura




Miscelare a bassa velocità con le fruste pesanti la farina, lo zucchero, il lievito diluito in un cucchiaio d'acqua tiepida, due uova e il sale. Aggiungere una alla volta le rimanenti uova.fino ad ottenere un impasto omogeneo. Aggiungere il burro e, se necessario, altra farina e continuare a mescolare finchè l'impasto non si stacchi dalle pareti della ciotola. Ricoprire con uno strofinaccio e lasciar riposare in frigo tutta la notte. ( N. B. la ciotola deve essere molto capiente per evitare l' "effetto blob" durante la lievitazione. )


Stendere l'impasto lievitato. Spennellare la superficie con i tuorli battuti  con un po' d'acqua e adagiarvi le mortadelline anch'esse spennellate con il tuorlo e spolverate di farina ;  richiudere, livellare e rifinire con il rosso battuto.  Lasciare riposare per un'ora a temperatura ambiente. Dopo aver preriscaldato il forno, far cuocere il saucisson  en brioche a 180° per 30/40 minuti.






domenica 6 novembre 2011

nonni



Aveva cercato il nonno per farsi raccontare una di quelle storie fantastiche che solo lui riusciva a snocciolare. Il vecchio partiva sempre da pochi elementi verosimili nella loro quotidiana banalità e ci ricamava sopra un fitto arabesco.   ( ...)
L'aveva trovato, come al solito,  nel giardino che fingeva di fare qualche lavoretto. Si nascondeva spesso, quando la stagione lo permetteva, nel giardino folto e un po' selvaggio che stava davanti alla casa. Cosa facesse esattamente lì dentro nessuno lo sapeva esattamente: non potava alberi o cespugli, non contrastava l'invadenza dell'edera che ormai copriva il muro di cinta tracimando oltre, non sfoltiva il sottobosco dalle erbacce, insomma non faceva nulla di utile per la conservazione di quel luogo e la sua crescita regolata. Apparentemente, almeno.


Guglielmo Gaviani, Traversagnetta








Al nonno piaceva incasellare in sentenze le cose del mondo. Sentenziava masticando il sigaro e fingendo un'aria di marinaio di molti mari, proprio lui che odiava l'acqua, non esclusa quella del lavabo. Liberale di ferro, beffeggiava le blande simpatie socialiste della nonna: " Chiudi tre dei tuoi in una stanza e dopo mezz'ora avranno quattro opinioni differenti". Passava molte ore del giorno a scrivere un romanzo che non finiva mai, ma secondo la nonna non aveva scritto un rigo: " E' una posa per tenere a distanza mocciosi e villani". Nessuno, però osava forzare il Pensatoio, lo stanzino dove il nonno passava quasi tutto il giorno, tranne quando pioveva, perchè allora usciva a passeggiare senza l'ombrello, solo, con il cappello di feltro dalla tesa slabbrata. Era buddista ma di Budda non sapeva granché.


Andrea Molesini, Non tutti i bastardi sono di Vienna








La Susanna dei salami d'oca era cugina di Nona Màlia, mia nonna paterna, che sopravvive in figura di agghindata, minuscola ammaliatrice in alcune pose di studio eseguite verso il 1870, e come una vecchietta grinzosa, stizzosa, sciatta e favolosamente sorda nei miei ricordi d'infanzia più lontani. Ancor oggi, inspiegabilmente, i piani più alti degli armadi restituiscono suoi preziosi cimeli: scialli di trina nera trapunti di pagliette iridate, nobili ricami di seta, un manicotto di martora straziato dalle tignole di quattro generazioni, posate d'argento con le sue iniziali : come se, dopo quasi cinquant'anni, il suo spirito inquieto ancora visitasse la nostra casa.
Ai suoi bei giorni era nota come " la Strassacoer"...


Primo Levi, Il sistema periodico






Foto di Guglielmo Gaviani 


Il blog di Guglielmo 



venerdì 4 novembre 2011




Qui  In this hole di Cat Power


Cat Power , The Greatest in un post di Duck

mercoledì 2 novembre 2011

la sostanza dei sogni




Sonetto onirico



È un sogno che viene, e ai sogni bisogna
prestare attenzione e fors'anche un po' fede;
al sogno si chiede che cosa ci chiede,
si aspetta e si ascolta ma senza vergogna.


La voce mi chiama e mi dice sicura
che è il corpo che sogna nella notte oscura;
con voce pacata e con tono suadente
d'ogni organo elenca il sogno corrispondente.


Il fegato sogna, e sogna la luna:
la rabbia e la luce e l'alterna fortuna.
Le mani la caccia, la preda e l'afferrare;


i reni l'angoscia, le corse e le paure;
e sogna il cervello di se stesso e dei ragni,
perso nei suoi meandri e nei suoi sogni.



Emilio Gauna (Giuliano ),  Anche il fegato sogna
La Tempesta di William Shakespeare ( qui )
                                                                                     





















" Un sogno? ... e che le fa un sogno?... E' uno smarrimento dell'anima... il fantasma di un momento...".


" Non so, dottore: badi...forse è dimenticare, è risolversi! E' rifiutare le scleròtiche figurazioni della dialettica, le cose vedute secondo forza...".


" Secondo forza?...che forza?..."


"La forza sistematrice del carattere...questa gloriosa lampada a petrolio che ci fuma di dentro, e fa il filo, e ci fa neri di bugie, di dentro,...di bugie meritorie, grasse, bugiardosissime... e ha la buona opinione per sé, per sé sola... Ma sognare è un fiume profondo, che precipita a una lontana sorgiva, ripullula nel mattino della verità".


Parve incredibile al dottor Higueroa che un uomo di corporatura normale, alta anzi, di condizione socialmente così "elevata", potesse lasciarsi ancorare a sciocchezze come quelle. Ma lo sgomento e la tristezza erano troppo evidenti nel suo sguardo (...) .
" ...Un sogno...strisciatomi verso il cuore...come insidia di serpe. Nero."


da La Cognizione del dolore di Carlo Emilio Gadda