giovedì 29 dicembre 2011

No(u)vel(le) cuisine - fulminante idea e fulminei bavaresi -





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Nella mia vita ci sono delle costanti. Il nome "Giuliano" è una di queste. Ho più  amici  che si chiamano così e, fatto sorprendente, amano le identiche cose, ovvero leggere, scrivere e cucinare. 
Due delle passioni di Lhupo ( è lo pseudonimo di uno dei  Giuliano )   hanno trovato un punto di intersezione in un libro/quaderno di ricette pubblicato dalla Kellermann, la casa editrice della città in cui vivo.
E' un ricettario insolito, piacevolissimo da scorrere,  pieno di sorprese e curiosità;  ci si può oltrettutto concedere una lettura lenta:  le bavaresi, le creme, i budini, le salse, le coulis  che fanno capolino nel sommario sono tutte di veloce realizzazione e lasciano tempo per occupazioni altrettanto gradevoli.
Nelle prime pagine del quaderno, Giuliano rivela l' imprevisto e fulmineo concepimento dei dolci al cucchiaio facili e veloci  ...  




L'idea di fare il Bavarese* "veloce" mi venne per caso un venerdì pomeriggio di primavera inoltrata. Stavo mangiando un buon gelato, alla crema, seduto su una panchina dei giardini pubblici,  quando una signora,  avvicinandosi,  mi chiese l'ora.
- Le tre e un quarto - risposi prontamente, con un'istintiva rotazione del polso...
Ed era anche l'ora esatta in cui il mio gelato morì a terra senza un lamento.
Sorridemmo entrambi, non senza imbarazzo.
Lei se ne andò, mentre io rimasi a guardare gli ultimi sospiri del mio cono alla crema.
Quella chiazza gialla che si allargava ai miei piedi mise in moto il mio unico neurone. Mi alzai, andai in gelateria e acquistai mezzo chilo di gelato, circa otto palline, quattro al gusto di cioccolato e quattro al gusto di crema. Poi via di corsa a casa. Guardai l'orologio. Erano le quattro e dieci.   (... )




* comunemente si tende ad utilizzare il nome bavarese preceduto dall'articolo al femminile, magari sottintendendo la parola crema: la bavarese. Tuttavia il termine corretto sarebbe al maschile, in quanto deriva dal francese bavarois e perchè potrebbe essere sottintesa la parola budino: budino bavarese.
Ed è in questa forma che io l'ho utilizzato. ( NdA)


Giuliano Della Libera,  Il quaderno dei dolci al cucchiaio facili e veloci




Alle quattro e quaranta Giuliano sorride soddisfatto: il bavarese è nel congelatore a riposare per un po' prima di esalare l'ultimo sospiro... 





Clicca sull'immagine per leggere la ricetta






La casa editrice Kellermann 


Giuliano della Libera, Il libro dei dolci al cucchiaio facili e veloci






AUGURO A TUTTI UN FELICE NUOVO ANNO :)




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lunedì 26 dicembre 2011

Blu







- Stanotte , - dissi, - ho fatto una scoperta affascinante.
- Una bella scoperta, spero.
- Ho scoperto di avere una passione in comune con John.
- Sul serio?
- Sembra proprio che tutti e due amiamo il colore blu.
(...)
-Beh, il blue è un bel colore. Molto tranquillo, molto sereno. Si situa bene nella mente. A me piace a tal punto che quando lavoro devo fare uno sforzo cosciente per non infilarlo in tutte le copertine.
- Ma è vero che i colori trasmettono emozioni?
- Certamente.
- E qualità morali?
- In che senso?
- Il giallo la vigliaccheria. Il bianco la purezza. Il nero il male. Il verde l'innocenza.
- Verde è l'invidia.
- Sì, anche quella. Ma il blu, cosa rappresenta?
- Non so. La speranza, forse.
- E la tristezza. Come quando si dice I am feeling blue. Opppure avere i blues.
- Non dimenticare true blue. L'assoluta lealtà.



                                                                    
(...)

- Hai mai sentito l'espressione guerra dei colori?

(...)

E' cominciato quando avevo quattordici anni. Quell'anno arrivò al campo un nuovo capogruppo (...). Era un  piccoletto magro, con l'aria da gnomo, il non-atleta per eccellenza che lavorava in un campeggio votato agli sport. (...). Si chiamava Bruce Adler. Noto come il Rabbino.
- E poi ha inventato la squadra dei blu?
- Circa. Per essere più esatti, l'ha ricreata a mo' di esercito nostalgico.
- Non ti seguo. 
- Pochi anni prima aveva fatto il capogruppo in un altro campo. I colori del campo erano blu e grigio. A fine estate, alla dichiarazione della guerra dei colori, Bruce fu assegnato ai Blu, e quando ci fece caso e considerò chi c'era nella squadra, vide che erano tutti quelli che gli stavano simpatici, tutti quelli per cui nutriva più rispetto. I grigi erano l'opposto: pieni di lavativi e antipatici, la feccia del campo. Nella mente di Bruce, le parole I Blu cominciarono a indicare qualcosa in più della solita vecchia solfa di gare di staffetta. Rappresenavano un ideale umano, un sodalizio omogeneo di persone tolleranti, il sogno di una società perfetta.
- Sta diventando una cosa un po' strana, Sid.
- Lo so. Ma Bruce non la prendeva sul serio. Era questo il bello dei Blu. Che era tutta una specie di burla.
(...)
- (...) . Gli affiliati ai Blu non corrispondevano a un modello unico, ma ciascuno era un individuo indipendente. Però non poteva essere ammesso nessuno che fosse privo di un buon senso dell'umorismo...comunque lo esprimesse. (...) Ma anche una certa discrezione e modestia, e gentilezza verso gli altri; un cuore generoso. Niente sbruffoni o stupidi arroganti, niente bugiardi e ladri. Uno dei Blu doveva essere curioso, amare la lettura, e sapere che non si può piegare il mondo a misura della propria volontà. Uno scaltro osservatore, capace di fini distinzioni morali e amante della giustizia. Un Blu si sarebbe levato la camicia per regalartela, se ti avesse visto in difficoltà...ma avrebbe preferito metterti in tasca un biglietto da dieci mentre non guardavi. Sto cominciando ad essere chiaro?


Paul Auster, La notte dell'oracolo


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domenica 18 dicembre 2011

delitto inesistente e immotivato castigo

Libri nei libri


"Tutta colpa di Tondelli" e "Delitto e castigo"








" Stia tranquillo, lei è nelle migliori mani possibili".
Probabilmente aveva ragione. Probabilmente le sue mani erano davvero buone, e la colpa era tutta mia.
(...)
Tutto mi congiurava contro, a cominciare dall'indirizzo del mittente dei bustoni imbottiti di mia scrittura che spedivo ai Signori editori. E si capisce: chi mai potrebbe prendere in considerazione uno che abita in un posto di nome Gemonio, un tempo misconosciuto e poi straconosciuto come il paese del capo leghista Umberto Bossi?
E chi glielo spiega che io sogno Barcellona, Parigi, l'Australia, e che in questa enclave mi ci trattengo perchè costretto: dalla povertà, dalla voglia di fare un cazzo, dalla mia sfiga di scrittore inedito e incompreso?
Gemonio, pieno di bulli che mi terrorizzavano, pieno di suore che pregavano perchè mi facessi prete ( terrorizzandomi quindi molto di più ), l'avevo sempre vissuto come imposizione di mio padre, dal giorno in cui vi traslocammo da un posto più bello quando avevo sette anni. Il compaesano tipo era un vecchio mammalucco che passava tutti i giorni in lambretta sotto casa nostra. Non gli avevo mai parlato e non avevo idea di chi diavolo fosse, ma un pomeriggio, vedendomi lì stravaccato sul balcone che leggevo Dostoevskij, costui aveva inchiodato sull'asfalto, mi aveva fissato con disgusto, e in quel nostro dialettaccio bisunto mi aveva apostrofato: " Te ghè nagòtt de faa?", " Non hai niente da fare?", e senza aspettare risposta era ripartito.




da Tutta colpa di Tondelli di Nicola Pezzoli



venerdì 16 dicembre 2011


 Qui  Blindfort dei Morcheeba

lunedì 12 dicembre 2011

- I racconti di papà - Ricordi......piacevoli

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Il negozio ( 1 ) occupava la parte anteriore della camera d'ingresso ed era separato dal resto della casa da una tenda molto doppia e colorata.
Si vendeva un po' di tutto: dalla pasta ai dolcetti, dalle caramelline alla farina, dallo zucchero alle calze di lana, dai fazzoletti ai tappi di sughero per le bottiglie.
Ogni tanto mio padre trovava posto nell'automobile di un suo amico, per recarsi a Bari a fare provviste.
Quella sera, di ritorno da Bari, c'ero anch'io: ero seduto sul sedile posteriore della macchina ed avevo poco spazio a disposizione, perchè vi erano molti pacchi.
Mio padre e il suo amico parlavano continuamente e ognuno raccontava le proprie avventure galanti che....erano stati costretti a subire o i fatti loro accaduti durante il servizio militare.
I miei occhi non riuscivano più a stare aperti e il mio braccio destro scivolò pesantemente su uno dei tanti pacchi. la mia mano avvertì al tatto qualcosa che mi tenne poi sveglio per tutto il viaggio.
Praticai un piccolo buco nel pacco e, pian piano, venivano fuori le caramelle che, scartocciate con molta attenzione per non far sentire il benché minimo rumore ai due bravi narratori, finivano nella mia bocca, già pronta ad accoglierle con la dovuta  attenzione...
Non so quante ne mangiai, ma sento ancora il loro sapore e il loro profumo.


( 1 ) L'esperienza del negozio durò poco meno di un anno.
                                                       




                                                Chiacchiere,  chiacchiere:
                                                ecco cosa si dicevano
                                                mio padre e il suo amico.
                                                Si erano dimenticati di me.
                                                Le caramelle
                                                furono la mia vendetta




                                                                                                       Pierino




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domenica 11 dicembre 2011

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Qui Hanne Hukkelberg

domenica 4 dicembre 2011

Übermensch nel mondo nuovo

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"La sicurezza di Horowitz vacillò, ma poi lui sorrise.
"Un uomo di Nietzsche! Bene, bene, ecco qualcosa per il nostro romanzo, detective. chissà che non riusciamo a trovare la strada! A dire il vero, nei circoli accademici si utilizza la parola "Übermensch", detto anche "Oltreuomo". Se proprio si vuole essere esatti, bisogna pronunciarlo alla tedesca. Suona più vero".
Ryder disse, "Übermensch", con l'accento di un sergente tedesco da parodia televisiva.
Horowitz strabuzzò gli occhi. " Dio santo! Gli effetti livellanti della televisione! Voglio un'autentica voce tedesca, detective! Mi ascolti!".
Ryder ripetè, "Übermensch".
Horowitz battè le mani. "Molto meglio, ora sì che lei conferisce a Nietzsche l'intellettualismo tagliente che richiede, anche se purtroppo, il Superuomo di Nietzsche lo abbiamo perso, perlomeno sul piano linguistico a beneficio dei fumetti, dell'immagine di un uomo in calzamaglia. Uno dei più sublimi concetti del pensiero filosofico moderno fatto proprio da un fumetto..."
Scosse la testa." Davvero terrificante...anche se penso che l'ironia, oppure la genialità, della cultura americana sia sempre stata la sua inclinazione intellettuale alla mediocrità, alla volgarizzazione delle cose. Nietzsche diceva, "Dio è morto!" e io penso che la cultura americana lo abbia capito, anche se solo al livello subconscio più profondo. Era impossibile negare Nietzsche. C'era già T.S. Eliot a dirci che vivevamo nella terra desolata, ma forse, ancor più che Eliot o Pound, il Superman della D.C. Comics ha riconosciuto in maniera più acuta il nichilismo esistenziale della modernità. (...)".


Michael Collins Morte di uno scrittore ed. Neri Pozza

giovedì 1 dicembre 2011

A proposito di Ibsen



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Visto che  ci sono lettori anche  nei romanzi, apro una nuova rubrica, Libri nei libri
Il protagonista della I sezione è  Stanislaus Demba, personaggio di "Dalle nove  alle nove" di Leo Perutz ( ne ho parlato qui )
Stanislaus, durante una sosta in un parco viennese, seduto su una panchina accanto ad una signorina, esprime il proprio parere sulle opere di Ibsen







"Stanislaus Demba portava il soprabito marrone chiaro buttato sulle spalle e abbottonato approssimativamente sul davanti. Le maniche vuote pendevano flosce. Demba si era seduto sulla panchina esausto, come chi ha percorso un lungo cammino ed è contento di poter riposare qualche minuto.
Solo un po' di tempo dopo parve rendersi conto che la sua vicina era una ragazza oltremodo graziosa. Si sistemò meglio e la fissò attentamente in volto.
Ne fu soddisfatto.
Poi lo sguardo gli  cadde sul libro.


( ... )


Stanislaus Demba attaccò discorso in modo non proprio originale, informandosi della sua lettura:
"E' un libro di Ibsen, vero?".
La signorina era molto pratica nel trasalire, quando qualcuno le rivolgeva la parola, e nel presentare all'interlocutore un'espressione sgomenta, confusa e leggermente indignata.
Stanislaus Demba si sentì subito in imbarazzo.
"L'ho disturbata?" domandò." Non la volevo disturbare."
"Oh no" disse la signorina e abbassò gli occhi, fingendo di continuare a leggere.
"Volevo solo sapere se questo libro non era per caso un dramma di Ibsen."
" Si. Hedda Gabler."
Stanislaus Demba annuì con il capo non sapendo più cosa dire.
Pausa.La signorina guardava il libro, senza però leggere. Aspettava. Ma Stanislaus Demba taceva.
Un po' lento pensò la signorina.
( ... )
"Fossi suo padre, signorina," disse " le probirei di leggere Ibsen".
( ... )
" Dà un'immagine distorta del mondo ( ... ) ".
"Ma questo dovrà pur dimostrarlo." La signorina conosceva bene il modo di fare di certi giovanotti, che non avevano scrupoli a demolire dei grandi nomi, se, grazie ad ardite affermazioni letterarie, riuscivano a rendersi interessanti.
"L'annoierebbe. Annoia anche me." disse Demba.
"Dovrei spiegarle quante banalità si celano dietro ai suoi simboli. Come tutti i suoi  personaggi s'inebrino al vuoto suono delle proprie parole...ma lasciamo stare, i discorsi letterari mi annoiano. solo un'ultima cosa: non se n'è ancora accorta? Tutti i suoi personaggi sono asessuati."


Leo Perutz, Dalle nove alle nove